Benvenuti nel secondo episodio della rubrica dedicata alle aziende più innovative, capaci di cavalcare i macro trend in atto. Il mio obiettivo è scandagliare il mercato alla ricerca di quelle rare perle che potrebbero generare performance superiori al 500%.
Oggi vi presenterò un trio di aziende che hanno a che fare con la televisione. Prima di scoprirle farò una veloce panoramica sul quadro macro.
Cara antenna, addio.
O meglio, addio concetti antiquati come “palinsesto televisivo“. Millennials e nuove generazioni vogliono essere sempre più liberi da vincoli, e quindi godersi i contenuti che vogliono, quando vogliono.

Perché dovremmo aspettare le 21.10 per vedere l’ultimo episodio de “L’Amica Geniale” e sorbirci tutte quelle fastidiose pubblicità che con noi hanno poco a che fare?
Pochi giorni fa, durante il pranzo, ho acceso la TV e iniziato a guardar “Cortesie per gli ospiti”, un programma che va in onda su Discovery Real Time senza troppe pretese. Pausa pubblicitaria. Proprio mentre inforco gli spaghetti, parte uno spot tremendo di un medicinale che previene il sanguinamento gengivale. Mentre mangi non è proprio il massimo vedere il sangue sullo spazzolino, ma soprassedendo questo aspetto, è chiaro che quello spot non fosse indirizzato a me. Il problema è che non solo mi ha disgustato, ma mi ha spinto a cambiare canale.
Ma cosa sarebbe successo se, anziché guardare “Cortesie per gli ospiti” sul canale 31 del digitale terrestre, l’avessi guardato sull’applicazione di “Discovery” installata sulla smart tv?
Smart TV, smart pubblicità.
TV private e pubbliche si sono sempre sforzate di creare contenuti che coprissero numerosi e diversi pubblici, in modo da vendere spazi pubblicitari a più aziende possibili. È per questo motivo che durante le partite di Champion’s League ci dobbiamo sempre vedere spot di Heineken o dalla Play Station, perché lo spettatore medio è maschio, ha tra i 18 e i 50 anni, ama il calcio, la competizione e farsi una bevuta con gli amici. Heineken pagherà molto per quegli spazi, eppure Isabella, appassionata di calcio e sfegatata tifosa juventina, non è interessata alla birra perché è…astemia.
La soluzione a questo inconveniente c’è ed è una combinazione perfetta tra hardware (Tv connesse) e software che ottimizzano la compravendita di spazi pubblicitari digitali: programmatic advertising. La cosa davvero affascinante e rivoluzionaria di questo mix è che fa bene a tutti:
- Fa bene agli inserzionisti: Heineken spenderà il giusto per far vedere i propri annunci;
- Fa bene al mercato: aziende di più modeste dimensioni avranno l’accesso a spazi pubblicitari fino a poco tempo fa irraggiungibili;
- Fa bene a chi detiene i diritti dello show: maggiori introiti;
- Fa bene al pubblico: Isabella, astemia, vedrà annunci davvero rilevanti per lei.
In Italia non si tratta di se, ma di quando. Nel frattempo altri mercati sono più maturi: le TV connesse salgono a ritmi vertiginosi e il “programmatic advertising” guadagna sempre più quote di mercato.

La buona notizia è che siete ancora in tempo per salire sul treno. Investire su questo settore oggi può significare vedere ricavi notevoli nei prossimi 5-10 anni.
Un trio davvero smart.
Roku, The Trade Desk e The Rubicon Project (dal 1 luglio 2020 cambia nome e sarà Magnite, simbolo MGNI)sono i 3 #gamechanger protagonisti di questo episodio.

Roku è la piattaforma di streaming n°1 in America. L’azienda si è fatta conoscere in America per un device che, se collegato alla TV, ti permette di accedere a una lista infinita di applicazioni come Netflix, Now Tv e via dicendo. Roku è cresciuta molto negli anni e ora concede licenze ai costruttori di smart TV per installare il proprio sistema operativo. Il business principale, come avrete intuito, non è rappresentato dalla mera vendita dei device, quanto dagli account collegati alla piattaforma e quindi dalle entrate che generano le fee pubblicitarie, gli accordi presi con i publisher o le licenze rilasciate ai costruttori di TV per utilizzare il proprio software. Nel primo quarto del 2020 la revenue generata da questo segmento è aumentato anno su anno del 73% totalizzando 233Mln$. Il sistema operativo Roku è instalatto su una televisione su 3 in America e presto inizierà a diffondersi anche nel mercato Europeo.


The Trade Desk e The Rubicon Project sono due piattaforme di “programmatic advertising“. La prima è una Demand-Side Platform, tecnologia che permette alle agenzie pubblicitarie di accedere a veri e propri Ad Exchange sui quali negoziano, in modo automatizzato, gli spazi pubblicitari. Rubicon è invece una Supply-side platform, e permette quindi ai publisher (Disney, Hbo etc…) di vendere, sempre in modo automatizzato, i propri spazi pubblicitari. Queste tecnologie permettono di “seguire” l’utente su tutti i dispositivi: computer, smartphone e smart TV. Mentre The Trade Desk è già un gigante nel panorama “programmatico” con 18 miliardi di capitalizzazione (28 volte la revenue), The Rubicon Project vale “solo” 668 milioni di $ (3 volte la revenue). Entrambe, insieme a Roku, sono l’investimento ideale per approfittare del megatrend delle connected TV.
Una spina nel fianco per il “Walled Garden”
Investire su The Trade Desk o Rubicon ha particolarmente senso anche per un’altra ragione. Queste piattaforme stanno emergendo come alternative open a quello che gli addetti al settore definiscono “Walled Garden” ( “giardino chiuso, blindato”). Con “Walled Garden” ci si riferisce a quell’insieme di servizi forniti da Google o Facebook atti a monetizzare l’enorme quantità di dati di cui sono in possesso. Il limite è che, essendo “blindati”, non permettono lo scambio dei dati a discapito della user experience: l’utente potrebbe per esempio vedere 2 annunci di auto su Youtube e altrettanti un attimo dopo su Facebook.
Un approccio chiuso che piace sempre meno ai “nuovi social network” come Tik Tok, che a metà marzo ha stretto un accordo proprio con The Trade Desk.
Rischi.
Non è ancora chiaro quale sarà l’impatto del COVID19 sull’intero settore. Da una parte Roku beneficerà di un aumento di utenti collegati ma dall’altra le aziende in difficoltà potrebbero essere costrette a tagliare i budget destinati al marketing.
Ci sono poi da considerare i competitor. Il mercato delle Tv connesse fa gola e bisognerà quindi vigilare da vicino le mosse degli altri big del calibro di Google, Apple e Amazon (sia per la sua FireTv che per le piattaforme di vendita ADV presenti in AWS).
La posta in gioco.
La spesa globale per l’adv digitale dovrebbe superare i 500 miliardi di dollari nei prossimi anni. Le compagnie che ho raccomandato capitalizzano, tutte e tre insieme, poco più del 6% di questa enorme cifra e credo abbiano buone possibilità di crescere e prendersi una quota importante della spesa totale.

Finisce qui questo secondo appuntamento. Lascio la parola a voi: che idea vi siete fatti sul futuro della televisione e della pubblicità? Quali aziende possono approfittare al meglio dei cambiamenti in atto negli usi di un elettrodomestico che ormai sta per compiere 100 anni? Che ne pensate delle raccomandazioni di questo articolo?
Buoni investimenti a tutti.
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