Il tema Bitcoin e criptovalute è uno dei più divisivi che ci sia, lo sappiamo, portando le persone a schierarsi subito pro o contro a questa nuova tecnologia in base a una conoscenza della materia spesso molto limitata. L’intento di questo articolo sarà quello di approfondire la questione relativa alla sostenibilità del mining di Bitcoin. Dibattiti spesso avuti con amici mi hanno spronato ad approfondire e documentarmi su questo tema che, come vedremo, è affascinante e totalmente sorprendete. L’articolo viene redatto immaginandomi una sorta di dibattito tra me e una persona curiosa, ma scettica, sull’argomento. Buona lettura!
Bitcoin inquina! Bitcoin consuma come l’Austria, come la Svizzera, come l’Argentina!
…e chi più ne ha più ne metta. Alzi la mano chi non ha mai letto qualche titolo di giornale o abbia sentito qualcuno affermare con ostentata sicurezza (e disprezzo) questa cosa. Proveremo oggi, ad affrontare seriamente questo argomento che ritengo molto interessante, anzi direi entusiasmante perché scopriremo insieme come in realtà Bitcoin (per l’ennesima volta aggiungerei) si dimostri essere molto più di una semplice criptovaluta utile solo a chi vuole speculare.
Iniziamo con l’affermare che Bitcoin consuma esclusivamente energia elettrica, quindi una energia pulita che non genera di per sé emissioni inquinanti nel consumarla. Quanta? Difficile stimare esattamente un valore ma appoggiandoci agli indici Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index (CBECI) e Bitcoin Energy Consumption Index il consumo energetico è stimato essere tra i 97 e i 164 TWh all’anno; facilitiamoci la vita e consideriamo un valore medio di 130 TWh all’anno. È tanto? È poco? Per come la vedo non è così importante dare un asettico giudizio a priori. È importante invece capire come questa energia elettrica viene prodotta. Evidentemente se viene generata utilizzando combustibili fossili non è certamente una buona cosa e questo vale per qualunque end-user: Bitcoin, automobili elettriche, luci di Natale, televisori o tostapane che sia. Di per sé questo non è tanto un problema di Bitcoin che semplicemente consuma energia per creare assoluta scarsità digitale. Il come viene prodotta questa energia non è prettamente una tematica legata a Bitcoin.
E come viene prodotta?
Come sappiamo, l’energia elettrica può essere prodotta tramite fonti fossili o rinnovabili, dopodiché viene accumulata in batterie oppure distribuita tramite una rete elettrica ad alta tensione. Purtroppo però l’energia elettrica accumulata in batterie col tempo si disperde (pensiamo alla batteria dello smartphone che, anche se messo carico nel cassetto per qualche giorno/settimana, quando lo riaccendiamo la percentuale di carica è sensibilmente calata). Così, anche le reti di distribuzione non sono molto efficienti sulle lunghe distanze in quanto nel processo di ”trasporto” dell’energia elettrica una parte si disperde trasformandosi in calore (effetto Joule). Per minimizzare la dispersione e quindi lo spreco di energia lungo i cavi è necessario che la rete sia dotata di tensionatori che mantengano sempre elevata la tensione. Va da sé che, per minimizzare gli sprechi, le centrali elettriche vengano realizzate “in prossimità” di dove vi sia la domanda (es. centri abitati, industrie, etc.). Tra l’altro è bene considerare che la maggior parte delle centrali elettriche sono alimentate a gas (come abbiamo tutti avuto modo di capire per via della crisi Russia-Ucraina). Le fonti rinnovabili, infatti, spesso si trovano ben lontano dalle parti urbanizzate del mondo e quindi non conviene investirci e sfruttarle in quanto troppo remote e come abbiamo visto l’elettricità non è conveniente da spostare. Ciò comporta il mancato sfruttamento di risorse rinnovabili e una difficile propagazione delle tecnologie green che, se non ci fossero gli incentivi dei governi, finirebbero per morire tutte nella cosiddetta valle della morte.

Bene, che c’entra tutto questo con Bitcoin?
Qualunque processo di produzione energetica, che parta da fonti fossili o rinnovabili, implica una dose di spreco, di esubero di energia elettrica, che non vale la pena accumulare, distribuire, utilizzare. Gli impianti di produzione energetica vengono dimensionati in base a una stima della domanda. Tale domanda nel corso del tempo può variare per molti motivi naturali o straordinari (stagioni, cambiamento climatico, guerre, pandemie, etc.) Ebbene, immaginiamo di poter utilizzare quell’energia elettrica, che altrimenti andrebbe buttata, per alimentare delle macchine per il mining. Esatto, quello spreco si tramuta in energia digitale, in Bitcoin, che poi si può decidere di conservare, scambiare per qualche bene o servizio con qualcun altro in qualunque parte del mondo, istantaneamente, senza necessità di avere un intermediario che faccia da garante; la rete Bitcoin è il garante, senza commissioni folli – chiunque abbia fatto un bonifico estero sa a cosa mi riferisco. Alternativamente, si può decidere semplicemente venderlo (24 ore su 24, 7 giorni su 7) e trarne profitto. Profitto che nei casi delle energie rinnovabili può aiutare ad attraversare quella “valle della morte” mentre nei casi delle fonti fossili, da cui volenti o nolenti dipenderemo ancora per parecchi anni, si ridurrebbe la dispersione di metano in atmosfera (i.e.gas venting) andando ad utilizzare quella parte di esubero e attenuando così anche l’effetto serra. Dalla combustione del gas per produrre elettricità si ottiene CO2, che, seppur anch’essa contribuisca all’effetto serra, va sottolineato che ha un “potenziale climalterante” 30 volte inferiore rispetto al metano rilasciato direttamente in atmosfera. Oltre al gas venting esiste anche il processo di smaltimento di gas in esubero tramite flaring, che consiste nel bruciare il gas prima di rilasciarlo in atmosfera (e.g. le tipiche fiammelle in cima alle ciminiere delle raffinerie). Ciò si fa per il motivo appena spiegato. Il mining di Bitcoin potrebbe andare ad utilizzare anche quell’energia sprigionata dal flaring (se si sfruttasse il flaring attualmente esistente si potrebbe alimentare l’intera rete Bitcoin per 7.2 volte come studiato dal CBECI)
Un’azienda in crescita e focalizzata su questa tematica è Crusoe Energy. Da ingegnere che lavora in ambito energia e convinto del potenziale delle criptovalute trovo davvero affascinante il business di questa azienda. Un giretto sul loro sito è d’obbligo!
Sì tutto bello ma, come sempre nell’ambito crypto, utopistico.
Mi tocca smentire questa affermazione adducendo qualche altro esempio di applicazione reale, ma non mi dilungherò a spiegare ogni singolo esempio (ci vorrebbe non un articolo ma un libro dedicato). Lascio quindi di seguito degli articoli di Bitcoin Magazine fatti davvero bene che consiglio vivamente di leggere con attenzione.
- TEPCO TO MINE BITCOIN WITH EXCESS POWER
- CONOCOPHILLIPS IS SELLING EXTRA GAS TO BITCOIN MINERS
- EXXON IS MINING BITCOIN WITH EXCESS GAS REPORT
- BITCOIN UNLOCKS OCEAN ENERGY
Ok, a questo punto sembra davvero interessante. Assurdo che Bitcoin possa essere utilizzato anche in questo modo. Stupefacente! Chiaro ora il perché non ci si possa limitare a dire che Bitcoin inquina e consuma tanto. D’altronde il PIL di un Paese è sempre direttamente correlato ai suoi consumi energetici. Chi più consuma vive meglio, chi meno consuma sta peggio. Non possiamo pensare di ridurre i consumi, tantomeno di imporre queste riduzioni ai Paesi più poveri, bisogna invece impegnarsi a consumare meglio, usando energie rinnovabili.
Ben detto, è proprio così! Nonostante dipendiamo molto dal petrolio e i suoi derivati, come accennavo prima, è importante focalizzarsi sulle tecnologie che permettono di sfruttare energie pulite e rinnovabili. Solo così l’umanità potrà prosperare rispettando il nostro splendido pianeta. Torniamo quindi a parlare della “Valley of Death” dove finiscono molte nuove straordinarie tecnologie green a causa del fatto che tra la fase di ricerca e sviluppo e la fase di penetrazione del mercato e commercializzazione è necessario avere molti fondi per sostenere la crescita fintanto che non arrivino i primi flussi di cassa a permetterne lo sviluppo. Bitcoin quindi potrebbe diventare un “ponte” che permette a queste tecnologie di superare la temibile vallata in quanto garantirebbe alla start-up green di turno di usare una parte dell’energia prodotta per minare Bitcoin potendo contare su un bassissimo costo energetico, efficientando il processo di produzione ricavando valore anche dagli esuberi, potendo trasferire valore da una parte all’altra del mondo istantaneamente e in sicurezza e non ultimo contribuirebbe alla sicurezza della rete Bitcoin stessa.

È bene ricordare, infatti, che un miner di Bitcoin ha 2 principali voci di costo: il costo hardware (cioè i computer con cui svolgere i complessi calcoli) e il costo della corrente elettrica. È evidente come per una mining farm sia molto conveniente sorgere/spostarsi laddove c’è corrente in eccesso (che quasi sempre è quella rinnovabile perché non puoi fermare l’energia solare o geotermica o del moto ondoso) perché costa meno. Un miner non si sognerebbe mai di consumare l’energia al costo che conosciamo, il business non sarebbe sostenibile, in particolare durante periodi di mercato ribassista come questo.
Quindi Bitcoin può essere il catalizzatore per far esplodere le tecnologie rinnovabili perché va a dare profitto immediato a chi produce energia permettendogli di sopravvivere tra le fasi di ricerca e sviluppo e l’affermazione sul mercato. Incredibile, non ci avrei mai pensato!
Ti dirò di più. Il mining è il più potente stabilizzatore della rete elettrica che sia mai esistito; può infatti modulare il consumo di energia adattandosi alle richieste della rete elettrica a cui è collegato consumandone meno quando la richiesta di corrente è molto elevata e consumandone di più quando la richiesta cala. Immagina un paese alimentato interamente da delle pale eoliche realizzate su una collina li vicino. Questo paese potrebbe avere la sua mining farm che di giorno consuma meno energia lasciandola disponibile alle industrie e case della città consumandone poi di più di notte continuando a sfruttare quella energia eolica che anche di notte continua ad essere prodotta in maniera costante, pulita, infinita (e che andrebbe altrimenti perduta). Questi Bitcoin minati potrebbero poi essere proprietà dell’amministrazione comunale che può custodirli come fosse oro digitale e all’occorrenza venderli sul mercato per trarne profitto e finanziare opere pubbliche a beneficio di tutti.
Ovviamente questo è solo un esempio, ma ti suggerisco di lasciar correre l’immaginazione e pensare a quante situazioni si può applicare ciò e osserva il ciclo virtuoso che si genererebbe.
Dagli esempi che ti ho linkato più su puoi constatare come aziende più o meno grandi stiano andando in questa direzione. Un’altra azienda che sta valutando attentamente questa opportunità è Texas ERCOT che gestisce la rete elettrica texana. Di seguito una breve intervista del suo CEO:
https://www.youtube.com/watch?v=gKnRfDeFgr0
Ho sentito che in El Salvador stanno facendo qualcosa del genere, mi sapresti dire qualcosa a riguardo
L’El Salvador, che ha dichiarato nel 2022 Bitcoin come valuta a corso legale oltre al dollaro ed è uno Stato ricchissimo di energia geotermica. In particolare, hanno un impianto a Berlin vicino al vulcano Tecapa che, in pochissime parole, estrae vapore acqueo, lo secca, usa la pressione del vapore per azionare le turbine che generano energia, ricondensa il vapore e lo butta in profondità affinché ricominci a bollire per poter essere riutilizzato. Questo impianto esiste da 30 anni ed è costituio da una quarantina di pozzi. Perché non di più dato che sembra essere così straordinario e pulito questo modo di produrre energia? Semplice, perché hanno saturato la domanda raggiungendo il massimo della profittabilità e come abbiamo già visto l’energia elettrica è difficile da stoccare/spedire in zone distanti. Hanno deciso di provare a utilizzare la poca energia in esubero per minare Bitcoin al fine di aumentare i profitti aziendali a favore dei dipendenti e quindi, di riflesso, delle comunità locali. Ebbene, l’esperimento sta funzionando molto bene e hanno in previsione di realizzare nuovi pozzi. Tutto grazie al mining di Bitcoin.
Wow! Però mi resta un ultimo dubbio. Non per mancanza di fiducia eh, ma tu sei un sostenitore della tecnologia Bitcoin. Non avresti dei dati riguardo al tema inquinamento/consumo di Bitcoin, sai com’è… i numeri non mentono
Mi pare giusto. I dati sono importanti e importante è la fonte che fornisce questi dati. Una delle più affidabili che posso suggerirti è la seguente: CAMBRIDGE BITCOIN ENERGY CONSUMPTION INDEX, di cui ti riporto di seguito alcuni interessanti dati.
Total World Production & Consumption

Loss & Waste

Bitcoin mining against other industrial and residential uses of electricity

È tutto Bitcoin quello che “luccica”?
Certamente no, è importante ricordare che circa il 40% del mining di Bitcoin avviene ancora grazie ad energie fossili (carbone e gas naturale) come ci testimonia il Bitcoin Mining Council (vedi immagine sotto). La domanda che però sorge è: quali paesi consumano il 60% di energie rinnovabili? La risposta è nessuno. Il mining è l’unica industria (se così la vogliamo definire) che utilizza per il 60% energie rinnovabili, non perché i miner siano particolarmente virtuosi ma semplicemente perché gli conviene, come abbiamo visto. Questa percentuale può solo aumentare e una buona regolamentazione da parte delle istituzioni sarebbe auspicabile, come d’altronde in ogni industria e nazione.

CONCLUSIONE
Giunti a questo punto risulta chiaro come Bitcoin non sia perfetto, non è infatti la soluzione di tutti i problemi dell’umanità come molti fanatici sostengono ma non è neanche il male assoluto come altrettanti credono, è semplicemente una nuova tecnologia che a mio avviso ha un potenziale sconfinato e anche dal punto di vista energetico può puntare realmente a consumare solamente energie rinnovabili. Propongo a questo punto una domanda: è mai esistita nella storia una connessione tra energia e “moneta”? Non è incredibile pensare come, per esempio, l’energia del sole si trasformi in energia elettrica e l’energia elettrica in valore? Valore che si chiama Bitcoin, che si può realmente detenere, custodire e istantaneamente scambiare. Energia che diventa scarsità digitale, questo è Bitcoin.
Quando detieni Bitcoin detieni valore (un tot di una quantità finita, non inflazionabile). Al contrario, quando detieni valuta fiat (euro, dollaro, etc.) detieni la promessa di riavere indietro ciò che hai depositato nella tua banca consapevole che la quantità di moneta fittizia in circolazione è di gran lunga superiore alla base monetaria reale. Con ciò non voglio portare alla solita diatriba Bitcoin vs valuta fiat ma solamente evidenziare che con la nascita di Bitcoin è nato un nuovo strumento finanziario che a mio avviso andrebbe approfondito e studiato con attenzione.
Personalmente trovo incredibile le qualità che ha Bitcoin, tra le tante:
- custodia reale dei propri fondi;
- scambio di valore sicuro, immediato e a commissioni minime in qualunque parte del globo (Lightning Network);
- scambio di valore senza necessità di avere un intermediario che faccia da garante perché il garante è la rete stessa;
- scambio di valore decentralizzato, senza quindi bisogno di una unica entità centrale che gestisca la rete;
- scambio di valore immediato e democratico in quanto, diversamente dalle banche commerciali, è di facile accesso anche per tutte quelle persone che non hanno accesso ai servizi finanziari. Ne abbiamo parlato in chiusura di questo articolo;
- complementare all’industria fossile a cui siamo ancora legati andando a sfruttare anche quell’energia in esubero;
- catalizzatore dello sviluppo delle tecnologie rinnovabili, permettendo di sopravvivere alla sopracitata valle della morte;
La tecnologia è straordinaria, purtroppo gli esseri umani a volte un po’ meno, per questo spero vivamente che le Istituzioni e gli Stati capiscano bene l’argomento e ne colgano le opportunità affinché regolamentino le criptovalute al fine di prevenire frodi e le bancarotte (frutto solo dell’avidità di certi individui e non della malignità della tecnologia) perché davvero Bitcoin, ma penso anche la DeFi, può essere una rivoluzione incredibile di cui probabilmente c’è in realtà un forte bisogno.
Allora, la domanda corretta forse non è “è vero che Bitcoin inquina?” ma dovrebbe essere “vale la pena continuare a investire su questa tecnologia considerando che consuma molta energia?”.
P.S.
Ci tengo a dire che la redazione di questo articolo ha richiesto tempo e studio. Questo è il motivo per il quale non usciva da un po’ un articolo per la rubrica dedicata ai digital asset, ma sono contento alla fine di essere riuscito a condensare la maggior parte di ciò che avevo in mente in un solo articolo, nella speranza che sia chiaro e interessante. Per me è stato fantastico documentarmi in questi mesi sul tema in questione che trovo veramente meritevole di essere approfondito e seguito nel corso del tempo. È stata una tappa molto importante ma come sempre il viaggio continua, ci vediamo alla prossima!